La luce dei LED è dannosa? Parte 2
Nella prima parte dell’articolo abbiamo visto i pericoli della radiazione ottica, vediamo ora la normativa sul rischio fotobiologico, come si è evoluta, su cosa si basano le misurazioni del rischio e come vengono classificate le lampade e sorgenti luminose.
Evoluzione delle norme di sicurezza per i LED
Considerati i rischi fotobiologici della radiazione ottica, la commissione internazionale per la protezione dalle radiazioni non ionizzanti (ICNIRP) pubblicò i limiti di esposizione (EL) per ciascun rischio considerato (vedi tabella 1, parte 1 dell’articolo). Questi valori sono basati su soglie di danno ottenute attraverso esperimenti su tessuti animali. Non si è però tenuto conto della fotosensibilità anormale o della presenza di fotosensibilizzatori nel corpo o sulla pelle (compresi alcuni composti farmaceutici, cosmetici e piante).
Nel 1993, anno in cui la Nichia introduce in commercio il LED blu al Nitruro di Galio (GaN), viene presa in considerazione per la prima volta la sicurezza fotobiologica dei LED e la Commissione Elettrotecnica Internazionale (IEC) li include nel campo di applicazione della normativa sui laser esistente, la IEC 60825. Decisione presa per via dell’utilizzo di LED IR nei sistemi di comunicazione a fibra dove erano impiegati anche i laser e per via della loro stretta banda spettrale.
Nel 1996 l’associazione di illuminotecnica del nord America (IESNA) pubblica la ANSI / IESNA RP27.1: “Pratica raccomandata per la sicurezza fotobiologica delle lampade: requisiti generali”, annunciando una serie di norme per le sorgenti non laser.
Nel 2002 la Commissione Internazionale per l’Illuminazione (CIE) adotta il corpo principale della ANSI/IESNA RP27.1 e pubblica la norma S009/E-2002: “Sicurezza fotobiologica delle lampade”, diffondendo questa norma nel mondo.
Nel 2006, visti i progressi fatti dai LED e le loro nuove aree d’applicazione, l’IEC considera le applicazioni legate ai laser troppo restrittive e rimuove i LED dalla norma 60825, con eccezione per le applicazioni delle comunicazioni e fibre ottiche. Questa modifica rende necessaria la definizione di un nuovo contesto per i LED.
L’introduzione della IEC 62471 – 2006.
Nel 2006 la IEC adotta le linee guida della CIE S009/E-2002 e pubblica assieme alla CIE la IEC 62471:2006 “Sicurezza fotobiologica delle lampade”. Nel 2008 esce la versione europea, EN 62471:2008. La norma fornisce le linee guida per la valutazione e il controllo dei rischi fotobiologici derivanti da tutte le lampade e apparecchi di illuminazione alimentati elettricamente, compresi i LED, nella gamma di lunghezze d’onda da 200 nm a 3000 nm.
Sono dati un metodo di misura e valori limite di esposizione in considerazione delle sei categorie di rischio (vedi tabella 1, parte 1) per pelle e occhi per un’esposizione fino a 8 ore, presa come giornata di lavoro.
Vengono definite 4 classi, basate sul tempo di esposizione prima di eccedere i valori limite (EL):
Gruppo di rischio | Tipo di rischio |
Esente | Nessun rischio |
GR 1 | Nessun rischio in condizioni di utilizzo normale |
GR 2 | Nessun rischio in condizioni di riflesso naturale di avversione alla luce o effetti termici. |
GR 3 | Qualche pericolo in caso di breve esposizione. L’utilizzo di queste lampade non è consentito per la normale illuminazione. |
La misurazione del rischio secondo la normativa IEC 62471
La valutazione è fatta con una complessa serie di misure. Nel caso di rischi per le superfici cutanee e anteriori dell’occhio è sufficiente tenere conto della quantità di luce incidente sulla superficie in questione e si misura l’irradianza spettrale (200 – 3000 nm). Per i rischi della retina bisogna tenere in considerazione la proprietà di formazione d’immagine ed è richiesta una misura di radianza spettrale (300 – 1400 nm). Le misure sono fatte in condizioni specifiche che replicano i fenomeni biofisici e considerando le distanze di utilizzo, distinguendo tra servizio di illuminazione generale (GLS) e non-GLS. Definizione ambigua ma con GLS si intende un prodotto finito che emette luce bianca per l’illuminazione di spazi.
L’irradianza (o illuminanza) è definita come il rapporto tra la potenza radiante (dF) incidente su un elemento di superficie e l’area (dA) di questo elemento (Figura 1). Il suo simbolo è, E e l’unità di misura è W/m2. Dipenda dalla distanza dalla sorgente secondo la legge dell’inverso del quadrato.
La radianza invece è definita come il rapporto tra la potenza radiante (dF) emessa da un’area (dA) nell’angolo solido dΩ all’angolo q alla normale della sorgente ed il prodotto dell’angolo solido dΩ per l’area proiettata dA∙cos(q) (Figura 2). Indica la quantità di luce emessa o riflessa da una superficie. Il simbolo è, L e l’unità di misura è W/m2sr.
La sorgente luminosa va esaminata ad una distanza che dipende dall’utilizzo. Nel caso di lampade per illuminazione generale (GLS) la misura va fatta ad una distanza alla quale la sorgente produce un illuminamento di 500 lux. Può essere meno di un metro per le lampadine domestiche ed alcuni metri per i lampioni stradali.
Per le sorgenti non-GLS la misura va fatta a 200 mm di distanza.
La IEC 62471 in Europa
Nell’Unione Europea, ed in Italia, la radiazione ottica è considerata nella direttiva bassa tensione (LVD), applicata ai prodotti elettrici operanti a tensione alternata 50 – 1000 V o tensione continua 75 – 1500 V. La direttiva LVC richiede il rispetto della norma IEC 62471 rinominata EN 62471:2008 ed il suo rispetto permette l’apposizione del marchio CE e la vendita nel mercato Europeo. Per un approfondimento sulla normativa EN 62471 vi rimando all’articolo relativo: link.
Nella parte 3 vedremo come sono catalogate, secondo la IEC 62471 le varie lampade LED. Per un maggiore approfondimento sugli argomenti qui trattati vi rimando all’articolo originale http://ledsmagazine.com/features/8/11/15