La luce dei LED è dannosa? Parte 3

led seoulNella parte 1 di questo articolo vi ho parlato dei rischi della radiazione ottica per pelle e occhi e nella parte 2 della normativa IEC 62471 che attribuisce alle sorgenti luminose, tra cui i LED, una classe di rischio in base ad una serie di misurazioni. Vediamo in questa ultima parte qual’è la classe di rischio dei LED secondo la normativa vigente. 

Non sono richieste misure di rischio fotobiologico per LED a luce bianca con luminanza inferiore a 1000 cd/m2. La luminanza è il rapporto tra l’intensità luminosa emessa da una sorgente e l’area della superficie stessa. Questo valore è considerato come confortevole per la vista. Anche se in realtà il fatto che l’intensità sia bassa non significa che non ci possa essere un rischio da UV o IR.

Se la luminanza dei LED bianchi supera questo livello, e per i LED di colore diverso, è necessaria una valutazione del rischio fotobiologico. Le misure vanno fatte alla distanza per la quale si ha un illuminamento di 500 lux per gli apparecchi di illuminazione generale (GLS) ed a 200 mm per gli apparecchi non-GLS.

Prodotti GLS

Le sorgenti per illuminazione generale (GLS) sono quella a luce bianca per illuminazione di ambienti. Nel contesto dei LED abbiamo due tecnologie per produrre luce bianca, conversione ai fosfori (PC-LED) e miscela di colore (vedi articolo sulle tecnologie dei LED bianchi). Per via della stretta banda di emissione dei chip LED, e dei fosfori, si possono restringere le considerazioni alla regione del visibile (VIS): non ci sono rischi nel UV e IR.

Il pericolo da considerare, tra quelli dovuti alla radiazione ottica (vedi tabella nella parte 1 dell’articolo) è quello per la retina dell’occhio dato dalla lunghezza d’onda del blu, dominante rispetto al pericolo termico per tempi di esposizione maggiori ai dieci secondi. La causa principale di preoccupazione è la luce del LED blu presente sia nei PC-LED che nei LED a miscela di colori.

spettro_Rebel

Figura 1. Spettro a 25 °C di un LED Luxeon Rebel con CCT 2700 K (A) e CCT 5000 K (B).

I LED con con temperatura di colore (CCT) più alta hanno un’emissione maggiore nel blu e danno un rischio maggiore. La loro luce ha un aspetto blu ed è definita bianco freddo. La figura 1 mostra le spettro di due LED bianchi Luxeon Rebel, il primo (A) con CCT di 2700 K, corrispondente ad un bianco caldo, ed il secondo (B) con CCT di 5000 K, corrispondente al bianco freddo. Entrambi hanno un picco nel blu attorno ai 450 nm, ma l’intensità nel bianco freddo è nettamente superiore.

Sono stati testati i LED delle principali aziende produttrici secondo la normativa IEC 62471 e diverse lampade e prodotti a LED e dai risultati ottenuti è emerso che a 500 lux, solo i LED con CCT superiore a 10000 K superano i limiti del gruppo di rischio: “esente” e che nessun LED supera il gruppo di rischio: “1 (RG1)”. Nelle applicazioni di illuminazione generale sono utilizzate molto di rado CCT superiori a 10000 K. Per la definizione dei gruppi di rischio vi rimando alla parte precedente di questo articolo.

Aumentando il numero di LED in un apparecchio nè aumenta l’intensità e quindi anche il rischio fotobiologico. Anche in questi casi non si è superato il gruppo di rischio 1 ma va sottolineato che la misura è fatta sempre con un illuminamento di 500 lux. I 500 lux si possono avere a diversi metri per un lampione stradale e pochi centimetri per una lampada da tavolo. Non sempre viene indicata negli apparecchi la distanza di utilizzo e la distanza alla quale sono stati fatti i test, e nel caso di uso errato il gruppo di rischio può aumentare. Una lampada LED che ha effettuato le misure con i 500 lux a 6 metri ed è risultata esenta da rischio potrebbe avere un gruppo di rischio anche superiore a 1 a distanze molto inferiori. Verificate quindi le distanze di illuminamento per un utilizzo in sicurezza.

 Prodotti non-GLS

In questa categoria ricadono tutti i LED non utilizzati per l’illuminazione generale. Le misure vanno fatte a 200 mm di distanza. Ci sono LED di vario tipo ed alcuni, quando sono in elevanto numero, raggiungono il massimo gruppo di rischio (RG3) in quattro delle cinque categorie di rischio (vedi parte 2 dell’articolo per le categorie di rischio). I gruppi di rischio 1, 2 e 3 si hanno solo nel caso di sorgenti multiple, con array di LED. Riguardo al pericolo della retina da luce blu il pericolo maggiore si ha appunto con i LED di colore blu. Un singolo LED, considerata la tecnologia attuale, per la sua intensità raggiunge il gruppo di rischio 1, per superarlo serve un’intensità 10 volte superiore e per superare il gruppo di rischio 2 nè serve una di 100 volte superiore. Per questo motivo non esistono sorgenti LED blu con gruppo di rischio 3.

Per la cronaca, il sole è considerata sorgente luminosa con gruppo di rischio 2 (RG2).

I principali produttori di LED realizzano misure di rischio fotobiologico su ognuno dei loro prodotti e rendono disponibili online, gratuitamente, i risultati. Ma nel caso di apparecchi con più LED all’interno non sempre il gruppo di rischio del singolo LED corrisponde a quello del prodotto finale.

La legge impone al costruttore di indicare sulla lampada la classe rischio (se non esente), ed il progettista e l’installatore sono tenuti a conoscere le limitazioni delle varie classi.

Come sempre vi rimando all’articolo orginale per un maggiore approfondimento: http://ledsmagazine.com/features/9/2/9